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Rita mi ha parlato
spesso, negli ultimi mesi, di come il tempo stia accelerando verso una
soluzione posta a limite lì, sull'orizzonte disegnato. In definitiva, quando
non succhia, impiega la bocca in tale maniera: nel dire dei Maya e della fine
del mondo.
Chiaro, del
mondo... per come lo conosciamo.
A dimostrazione della
sua teoria pone innanzitutto una domanda tendenziosa. E' scorretto, lo so, ma
io non ci provo nemmeno a spiegarglielo. La domanda comunque è questa: non
ti sembra, candida chiede, che il tempo una volta scorresse molto
più lentamente?
Io non sono convinto
che la percezione del tempo che scorre, più o meno rapidamente, sia legata
all'approssimarsi di dicembre 2012. Perché tutti i vecchi raccontano di come da
bambini i giorni sembrino infiniti e di come invece, dopo una certa età, gli
anni comincino a sparire ingoiati da un rapido turbine modello “ed è
subito sera”.
Per me tutte le cose
della vita hanno questo genere di andamento. All'inizio procedono lente e poi,
mano a mano che se ne matura coscienza, cominciano a correre verso il
compimento.
Prendete la lista di
Esperita, ad esempio...
Quando l'ho letta per
la prima volta ero stato appena dimesso dall'ospedale e mi sentivo bene. Ma
bene davvero! Era come se mai avessi avuto l'infarto. La dottoressa Esperita,
solo toccandomi col palmo al pene, aveva operato un miracolo. E all'inizio,
l'avevo pensato definitivo.
Invece dopo, leggendo
quella sorprendente prescrizione compilata in forma di lista, ho intuito,
vagamente intuito, un senso di paura, di instabilità, di ricatto. Erano
prescrizioni, le sue. Quindi rimandavano a comportamenti da tenere, a terapie
da seguire, pena nuovo mancamento e ricaduta nel male.
Più ancora che un nuovo
infarto, temevo di perdere quel senso di potenza vitale e quell'evidente
potenza sessuale manifestatesi dopo l'incontro con la bella dottoressa. Mai
prima nella vita, infatti, mi ero sentito ne' tanto forte ne' tanto erotico. Il
mio pene era sempre stato una scaramuccia superflua, un sasso mediocre poco
liscio e poco usato, dignitoso in qualche erezione, ma per la maggior parte del
tempo tascabile nella bisaccia degli inutili. Di contro, dopo quella serata
clamorosa lì in reparto, lungamente l'avevo sentito vivo e dominante. E mi ero
parimenti io sentito pulsante e pieno. Evangelico, quasi, nel mio andare.
Infervorato.
Però restava la spada
di Damocle rappresentata dalla lista di esperienze mai fatte e da fare. Come a
pegno del concesso: che potessi io restare ciò che mi sembrava di essere
diventato.
… Ma di come le cose
scorrano dapprincipio lentamente e poi accelerino, si diceva, e di come la
lista di Esperita non faccia in niente eccezione.
Dunque...
La prima questione, la
prima esperienza da immagazzinare, il primo ostacolo da superare, il primo nodo
da sciogliere, è stato il nodo dell'Annegamento.
Leggere la parola
Annegamento in cima all'elenco dei “mai fatto”, mi ha da subito shoccato. Perché
se è vero che alla lettera O non si legge la parola Omicidio, è anche vero che
l'annegamento non l'esclude a priori. Anzi...
Per due mesi sono
rimasto in bilico, cercando di capire cosa potessi o chi dovessi annegare.
E alla fine ho optato
per un animale. Così, tanto per provare. Anche perché la sensazione pulsante di
vita dentro si andava affievolendo, e dovevo almeno tentare di cominciare a
seguire la strada indicata, anche solo per vedere l'effetto che mi avrebbe
fatto.
Mi sono immediatamente
accorto che pure annegare un non-umano sarebbe stato difficile. Sono tenero di
cuore. O forse solo vigliacco, non so.
Ho scelto un coniglio.
Ho pensato che sarebbe stato come uccidere me stesso. Meno rimorsi. L'ho
comperato nel negozio di animali all'incrocio tra via Alberto da Giussano e la
via Tuscolana, l'ho portato in casa e ho riempito la vasca. Il coniglio
evidentemente non era tranquillo, tanto che l'acqua sgorgava e il suo petto
esplodeva nonostante l'accarezzassi. E tanta paura aveva quella povera bestia,
che quando l'ho avvicinata alla vasca traboccante ha avuto un infarto ed è
morta asciutta. Non so se sarei riuscito realmente a tenerla sotto il pelo a
sufficienza senza desistere, ma di fatto la bestiola è morta prima che io
l'assassinassi.
Ho pianto. Davvero, ho
pianto lacrime di coccodrillo per quel coniglio. E sono passato a prendermela
con più esuberanti mici. Gattacci randagi romaneschi fieri e violenti.
E' stato quello il
periodo in cui Simona mi ha preso per un cazzo di gattaro, trovandomi spesso
agli angoli delle vie di quartiere che cercavo di adescare i felini. E poi,
poco più avanti, s'è verificato l'episodio di cui vi accennavo qualche
paragrafo fa. Insomma... avete mai cercato di annegare un gatto randagio nella
vasca da bagno?
Dopo una strenua
battaglia durata tre ore ci siamo ritrovati in assedio. Lui bagnato sopra al
boiler ed io in basso, maschera di graffi e sangue che cercavo di cacciarlo con
la mazza della scopa. La vasca era ancora piena quando Simona è rientrata
trovandoci in quella imbarazzante situazione.
Archiviati i roditori,
dunque, rinunciato alla lotta con individui adulti e battaglieri, mi sono
rassegnato ad annegare un cucciolo. E sono tornato al negozio.
Mentre giravo tra
quelle ceste piene di micetti e cagnetti speranzosi, davvero mi sembrava
impossibile che avrei saputo realizzare l'atto. Ma, incredibilmente, mi è
venuta in aiuto Anita, la ex fidanzata. Nelle sembianze di un piccolo di
pitbull identico a quello che aveva introdotto in casa contro il mio volere.
Lo guardavo nella
cesta, quel cagnolino, senza avvertire nessuna pietà. Anzi... sentivo montarmi
dentro l'odio. Perché giuro, era la faccia di Anita che vedevo. Lì al negozio e
anche in seguito, mentre annegavo il molossoide in fasce, quello non aveva il
muso, ma il mento liscio della mia ex convivente.
Subito dopo il
canicidio ho sentito il vigore invadermi nuovamente. Rinnovarsi. Certo, non
come in ospedale, ma l'ho decisamente sentito tornare. Tanto che nascondevo il
cadavere del cane-Anita muovendomi indolenzito da una inestimabile erezione. E
in tutto questo speravo. Speravo che il mio sentire fosse il risultato di aver
seguito la lista di Esperita e non solo un caso, o il frutto di qualche strana
e fino ad allora ignota perversione. Insomma... che funzionasse la
prescrizione, speravo. Perché per quanto apparisse irto di difficoltà il
percorso, prometteva tanto. Tutto. Non solo la vita.
Comunque il primo punto
spuntato l'ho spuntato quasi imbrogliando. O col dubbio che avessi imbrogliato
annegando una bestia piuttosto che un uomo. Mi ha giovato, ma era ancora presto
perché avessi coscienza di cosa mi stesse accadendo.
La seconda esperienza,
l'esperienza B di Brassica oleracea, s'è svolta nel tempo. E sì, pulsavo
eccitato, ma come dire... diluito nei giorni e nei mesi. Nella semina nella
crescita e nel raccolto. Di nuovo troppo inconsapevole.
Il terzo punto s'è
realizzato rapido invece, ha comportato un incidente ridicolo e umiliante ma è
stato determinante per farmi comprendere come la terapia funzionasse e per
farmi pure intuire come funzionasse in maniera crescente.
Al terzo punto c'era
scritto Centurione. Facile e preciso. Così mi sono vestito da Centurione e sono
andato al Colosseo, a cercare di mescolarmi agli altri figuranti che si fanno
fotografare insieme ai turisti giapponesi. Sul momento andava tutto bene, ma
poi, un po' per l'erezione sopraggiunta (la più sorprendente e notevole della
mia vita, oltre che la più inopportuna, fino a quel giorno), un po' perché la
cricca dei lavoratori in maschera è una mafia chiusa che non consente ad
intrusi di lucrare sopra al business loro, i “colleghi” centurioni mi hanno
circondato pari a famelici felini crudeli e romaneschi e mi hanno preso a
bastonate, riducendomi un cencio. Quindi sì, sono tornato a casa da una parte
contento e arrapato, e dall'altra livido e spento.
A casa c'era Simona,
che di giorno mi aveva visto vestito da scemo. E aspettava, per chiedermi conto
o per ridere un po' con me della mascherata. E mi ha accolto, anzi no, raccolto
lei quando sono rientrato pronto a svenire, tumefatto, dolorante nei denti,
nelle braccia, sulle mascelle e persino un po' sulla destra dell'anca.
E' stata lei a
trascinarmi in stanza. A poggiarmi sul letto, e ad aiutarmi a levare la corazza
di plastica mezza spaccata.
Non avrei mai saputo
che risponderle se mi avesse chiesto cosa cazzo facessi lì in mezzo a quella
carnevalata e nemmeno se mi avesse chiesto cosa mi fosse successo alla fine
della giornata, tanto da ridurmi allo straccio che ero diventato. Quindi facevo
finta di essermi addormentato mentre lei, seduta sul letto, giocava a guardarmi
insoddisfatta, incapace ad andar via, come arruolata, misteriosamente attratta.
E la mano prima me la passava sui capelli e sul viso. E poi, fremendo, l'ho
sentita scendere lungo il corpo a scoprire l'eccitazione. Quella con cui ero
tornato dalla mia pazzesca spedizione e che resisteva fulgida nonostante le
botte. Ecco, è stato allora che ho cominciato a capire che ad ogni successo
consegue un aumento, una evoluzione, un ulteriore grado di benessere immortale.
Il mio corpo evade dalla mediocrità, si fa capace e capiente. E se ho centrato
l'obiettivo, me lo conferma lui stesso, lui che di sicuro non mente.
Intanto quella sera
Simona è rimasta lì sul letto sfiorandomi il pene duro. Chissà cosa pensava
palpitando. Chissà di che colore aveva le guance in quel secondo. Chissà se
avrebbe fatto bene a chinarsi sopra di me, seguendo l'istinto.
lunga lunga lotta per star bene, al contrario del tutto e subito!!
RispondiEliminae' la natura di liste ed elenchi... :)
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