sabato 30 marzo 2013

ESPERITA - ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA 11

(CONTINUA DA QUI)


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Rita mi ha parlato spesso, negli ultimi mesi, di come il tempo stia accelerando verso una soluzione posta a limite lì, sull'orizzonte disegnato. In definitiva, quando non succhia, impiega la bocca in tale maniera: nel dire dei Maya e della fine del mondo.
Chiaro, del mondo... per come lo conosciamo.
A dimostrazione della sua teoria pone innanzitutto una domanda tendenziosa. E' scorretto, lo so, ma io non ci provo nemmeno a spiegarglielo. La domanda comunque è questa: non ti sembra, candida chiede, che il tempo una volta scorresse molto più lentamente?
Io non sono convinto che la percezione del tempo che scorre, più o meno rapidamente, sia legata all'approssimarsi di dicembre 2012. Perché tutti i vecchi raccontano di come da bambini i giorni sembrino infiniti e di come invece, dopo una certa età, gli anni comincino a sparire ingoiati da un rapido turbine modello “ed è subito sera”.
Per me tutte le cose della vita hanno questo genere di andamento. All'inizio procedono lente e poi, mano a mano che se ne matura coscienza, cominciano a correre verso il compimento.
Prendete la lista di Esperita, ad esempio...

Quando l'ho letta per la prima volta ero stato appena dimesso dall'ospedale e mi sentivo bene. Ma bene davvero! Era come se mai avessi avuto l'infarto. La dottoressa Esperita, solo toccandomi col palmo al pene, aveva operato un miracolo. E all'inizio, l'avevo pensato definitivo.
Invece dopo, leggendo quella sorprendente prescrizione compilata in forma di lista, ho intuito, vagamente intuito, un senso di paura, di instabilità, di ricatto. Erano prescrizioni, le sue. Quindi rimandavano a comportamenti da tenere, a terapie da seguire, pena nuovo mancamento e ricaduta nel male.
Più ancora che un nuovo infarto, temevo di perdere quel senso di potenza vitale e quell'evidente potenza sessuale manifestatesi dopo l'incontro con la bella dottoressa. Mai prima nella vita, infatti, mi ero sentito ne' tanto forte ne' tanto erotico. Il mio pene era sempre stato una scaramuccia superflua, un sasso mediocre poco liscio e poco usato, dignitoso in qualche erezione, ma per la maggior parte del tempo tascabile nella bisaccia degli inutili. Di contro, dopo quella serata clamorosa lì in reparto, lungamente l'avevo sentito vivo e dominante. E mi ero parimenti io sentito pulsante e pieno. Evangelico, quasi, nel mio andare. Infervorato.
Però restava la spada di Damocle rappresentata dalla lista di esperienze mai fatte e da fare. Come a pegno del concesso: che potessi io restare ciò che mi sembrava di essere diventato.

… Ma di come le cose scorrano dapprincipio lentamente e poi accelerino, si diceva, e di come la lista di Esperita non faccia in niente eccezione.
Dunque...

La prima questione, la prima esperienza da immagazzinare, il primo ostacolo da superare, il primo nodo da sciogliere, è stato il nodo dell'Annegamento.
Leggere la parola Annegamento in cima all'elenco dei “mai fatto”, mi ha da subito shoccato. Perché se è vero che alla lettera O non si legge la parola Omicidio, è anche vero che l'annegamento non l'esclude a priori. Anzi...
Per due mesi sono rimasto in bilico, cercando di capire cosa potessi o chi dovessi annegare.
E alla fine ho optato per un animale. Così, tanto per provare. Anche perché la sensazione pulsante di vita dentro si andava affievolendo, e dovevo almeno tentare di cominciare a seguire la strada indicata, anche solo per vedere l'effetto che mi avrebbe fatto.
Mi sono immediatamente accorto che pure annegare un non-umano sarebbe stato difficile. Sono tenero di cuore. O forse solo vigliacco, non so.
Ho scelto un coniglio. Ho pensato che sarebbe stato come uccidere me stesso. Meno rimorsi. L'ho comperato nel negozio di animali all'incrocio tra via Alberto da Giussano e la via Tuscolana, l'ho portato in casa e ho riempito la vasca. Il coniglio evidentemente non era tranquillo, tanto che l'acqua sgorgava e il suo petto esplodeva nonostante l'accarezzassi. E tanta paura aveva quella povera bestia, che quando l'ho avvicinata alla vasca traboccante ha avuto un infarto ed è morta asciutta. Non so se sarei riuscito realmente a tenerla sotto il pelo a sufficienza senza desistere, ma di fatto la bestiola è morta prima che io l'assassinassi.
Ho pianto. Davvero, ho pianto lacrime di coccodrillo per quel coniglio. E sono passato a prendermela con più esuberanti mici. Gattacci randagi romaneschi fieri e violenti.
E' stato quello il periodo in cui Simona mi ha preso per un cazzo di gattaro, trovandomi spesso agli angoli delle vie di quartiere che cercavo di adescare i felini. E poi, poco più avanti, s'è verificato l'episodio di cui vi accennavo qualche paragrafo fa. Insomma... avete mai cercato di annegare un gatto randagio nella vasca da bagno?
Dopo una strenua battaglia durata tre ore ci siamo ritrovati in assedio. Lui bagnato sopra al boiler ed io in basso, maschera di graffi e sangue che cercavo di cacciarlo con la mazza della scopa. La vasca era ancora piena quando Simona è rientrata trovandoci in quella imbarazzante situazione.

Archiviati i roditori, dunque, rinunciato alla lotta con individui adulti e battaglieri, mi sono rassegnato ad annegare un cucciolo. E sono tornato al negozio.
Mentre giravo tra quelle ceste piene di micetti e cagnetti speranzosi, davvero mi sembrava impossibile che avrei saputo realizzare l'atto. Ma, incredibilmente, mi è venuta in aiuto Anita, la ex fidanzata. Nelle sembianze di un piccolo di pitbull identico a quello che aveva introdotto in casa contro il mio volere.
Lo guardavo nella cesta, quel cagnolino, senza avvertire nessuna pietà. Anzi... sentivo montarmi dentro l'odio. Perché giuro, era la faccia di Anita che vedevo. Lì al negozio e anche in seguito, mentre annegavo il molossoide in fasce, quello non aveva il muso, ma il mento liscio della mia ex convivente.

Subito dopo il canicidio ho sentito il vigore invadermi nuovamente. Rinnovarsi. Certo, non come in ospedale, ma l'ho decisamente sentito tornare. Tanto che nascondevo il cadavere del cane-Anita muovendomi indolenzito da una inestimabile erezione. E in tutto questo speravo. Speravo che il mio sentire fosse il risultato di aver seguito la lista di Esperita e non solo un caso, o il frutto di qualche strana e fino ad allora ignota perversione. Insomma... che funzionasse la prescrizione, speravo. Perché per quanto apparisse irto di difficoltà il percorso, prometteva tanto. Tutto. Non solo la vita.
Comunque il primo punto spuntato l'ho spuntato quasi imbrogliando. O col dubbio che avessi imbrogliato annegando una bestia piuttosto che un uomo. Mi ha giovato, ma era ancora presto perché avessi coscienza di cosa mi stesse accadendo.

La seconda esperienza, l'esperienza B di Brassica oleracea, s'è svolta nel tempo. E sì, pulsavo eccitato, ma come dire... diluito nei giorni e nei mesi. Nella semina nella crescita e nel raccolto. Di nuovo troppo inconsapevole.

Il terzo punto s'è realizzato rapido invece, ha comportato un incidente ridicolo e umiliante ma è stato determinante per farmi comprendere come la terapia funzionasse e per farmi pure intuire come funzionasse in maniera crescente.
Al terzo punto c'era scritto Centurione. Facile e preciso. Così mi sono vestito da Centurione e sono andato al Colosseo, a cercare di mescolarmi agli altri figuranti che si fanno fotografare insieme ai turisti giapponesi. Sul momento andava tutto bene, ma poi, un po' per l'erezione sopraggiunta (la più sorprendente e notevole della mia vita, oltre che la più inopportuna, fino a quel giorno), un po' perché la cricca dei lavoratori in maschera è una mafia chiusa che non consente ad intrusi di lucrare sopra al business loro, i “colleghi” centurioni mi hanno circondato pari a famelici felini crudeli e romaneschi e mi hanno preso a bastonate, riducendomi un cencio. Quindi sì, sono tornato a casa da una parte contento e arrapato, e dall'altra livido e spento.
A casa c'era Simona, che di giorno mi aveva visto vestito da scemo. E aspettava, per chiedermi conto o per ridere un po' con me della mascherata. E mi ha accolto, anzi no, raccolto lei quando sono rientrato pronto a svenire, tumefatto, dolorante nei denti, nelle braccia, sulle mascelle e persino un po' sulla destra dell'anca.
E' stata lei a trascinarmi in stanza. A poggiarmi sul letto, e ad aiutarmi a levare la corazza di plastica mezza spaccata.
Non avrei mai saputo che risponderle se mi avesse chiesto cosa cazzo facessi lì in mezzo a quella carnevalata e nemmeno se mi avesse chiesto cosa mi fosse successo alla fine della giornata, tanto da ridurmi allo straccio che ero diventato. Quindi facevo finta di essermi addormentato mentre lei, seduta sul letto, giocava a guardarmi insoddisfatta, incapace ad andar via, come arruolata, misteriosamente attratta. E la mano prima me la passava sui capelli e sul viso. E poi, fremendo, l'ho sentita scendere lungo il corpo a scoprire l'eccitazione. Quella con cui ero tornato dalla mia pazzesca spedizione e che resisteva fulgida nonostante le botte. Ecco, è stato allora che ho cominciato a capire che ad ogni successo consegue un aumento, una evoluzione, un ulteriore grado di benessere immortale. Il mio corpo evade dalla mediocrità, si fa capace e capiente. E se ho centrato l'obiettivo, me lo conferma lui stesso, lui che di sicuro non mente.
Intanto quella sera Simona è rimasta lì sul letto sfiorandomi il pene duro. Chissà cosa pensava palpitando. Chissà di che colore aveva le guance in quel secondo. Chissà se avrebbe fatto bene a chinarsi sopra di me, seguendo l'istinto.

2 commenti:

  1. lunga lunga lotta per star bene, al contrario del tutto e subito!!

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