Estasiato da questo
nulla, T, s’arrampicò in cima al molo e invocò le stelle. Spettatore
qualunquista, il sole, chiese tempo e offrì gratuitamente il vino caldo,
cartonato, che sapeva di ciliegia andata a rotoli sul campo appeso. Si sentiva,
ad accostare l’orecchio e agitare il cartone, la macina castrare i noccioli, e
la polpa bucata, tarlata, spruzzare fango e altre oscenità di lungo corso. Così
come i vermi, si sentivano, in sottofondo, cavalcare cristalli di sale rimasti
solidi tra i flutti schiumosi. E quelli salgono, come l’artrosi sulle ossa di
T. E le stelle tardano perché non è inverno. E’ estate. L’altra stagione,
quella che segue o quella che precede, difficilmente quella che precede. Solo
per ripe meno scoscese.
è sempre un mistero quello che segue e, se non te lo aspetti, può regalarti qualche emozione...
RispondiEliminaanche s e te lo aspetti pero'...
Eliminaper questo ti avevo perso...
RispondiEliminaquest'anno scrivo solo questo blog, lo giuro!
EliminaLe stelle avranno pure i lo misteriosi tempi, ma vale sempre la pena invocarle.
RispondiEliminaLe artrosi di T saranno ripagate di certo!
forse e' gia' quello il suo compenso
Eliminaè sempre l'altra stagione...per chi attende...
RispondiEliminauna eterna stasi. la maggior parte della gente ci vive e ci muore. fa la muffa. resta grottescamente fanciulla. probabilmente le persone sono anche portate a restare nella culla, se via via che crescono gliela allarghi un po'
Eliminasì...attendere diventa un alibi, un modo per eludere la vita e ciò che ci offre...per crogiolarsi nella propria inerzia...
RispondiEliminae' uno dei nomi che si danno all'impotenza.
Eliminagià...
RispondiEliminaChe scenari magnifici che mi fai immaginare.
RispondiElimina(in sottofondo)
EliminaNon per forza.
Eliminanon per, ma un po' di ci vuole.
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