venerdì 22 marzo 2013

VIA NIZZA - ATTILIO REGOLO



Dal tuo punto di vista l'Isonzo è un fiume, un numero impressionante di battaglie, un capitolo sul libro di storia che se ti dice bene salterai visto lo scarso tempo a disposizione per completare il programma. Del resto, dal punto di vista del Ministero, hai più probabilità di leggere scritti sul 900 per i cazzi tuoi piuttosto che di leggere cose a riguardo del medioevo e dell'età romana. E probabilmente, il Ministero, preferisce appaltare a privati l'ultima Storia ancora in formazione piuttosto che certe radici imprescindibili per la sopravvivenza dei concetti stessi di Patria e Fascismo.
Dal tuo punto di vista, Attilio Regolo, è un'immagine altera, mitica, tracimante onore, pervasa dal dovere. Un uomo in tunica senatoriale che attraversa un ponte per salire su una nave. Con tanti parenti a piangere e pregare che resti, e lui fermo nella sua decisione, legato alla parola data, già con la mente a Cartagine dove l'attende il supplizio. A tuo modo di vedere, da sempre, Attilio Regolo è una sorta di spada di Damocle. Come poterlo emulare?
Il tuo modo di vedere suggerisce: basta non doverci arrivare. All'ombra di tanto mitico onore si giustificano ruolo e stipendio. Il diritto di portare armi, di saltare processi, di evitare galera per fatti infimi di cui indubbiamente ci si macchia. Poi viene il giorno in cui la mitologia non basta, e tocca nutrirsi di altro. Delle radici dure a fine estate. E si muore di fame. Mi spiego meglio: viene il giorno in cui forse uno si accorge che Attilio Regolo era un uomo, e che forse piangeva peggio degli altri quando, per questioni di politica estera, venne rispedito a Cartagine. Se venne rispedito a Cartagine.
A tuo modo di vedere, oggi, qui sulla riva dell'Isonzo, mentre il sole fiacco di Torino finge di assecondarti e ti nasconde con un po' di nebbia l'asfalto di via Nizza cambiandotelo in acqua che scorre, il mito decade, perde di credibilità.
Così sul giornale che hai in mano leggi la notizia successiva, lasci la faccia dei due marò rispediti in India loro malgrado e ti affacci sulla nuova angiografia papale. Si narra di come il pontefice abbia scelto il nome, Francesco, all'ultimo momento, malgrado suggerimenti anche sibillini e poco carini (un cardinale avrebbe soffiato nell'orecchio come il demonio, di assumere un nome per vendicarsi del predecessore nemico dell'ordine a cui appartiene il gran vicario fresco di croce). E invece questo sant'uomo è illuminato, come si deve, dal Signore. E sceglie di essere il primo Francesco Papa. Per una chiesa povera e per i poveri.
Ecco, forse ieri. Ossia forse ieri non ci avresti dato peso. Ma adesso che Attilio Regolo s'è fatto un sano pianto, adesso che alle spalle, nel dipinto, non ha solo donne in lacrime ma anche senatori e patrizi con l'indice puntato che lo mandano a morte, ti risulta ovvio che il nome del Papa debba essere stato ampiamente concordato e premeditato.
Dal tuo punto di vista, qui nel bar di fronte alla stazione, con via Nizza che pare l'Isonzo e i tassisti a caccia di clienti e le poche prostitute ancora salde in trincea e un ragazzo grassoccio coi baffi e il pizzetto che fa capolino dietro le macchine parcheggiate in controviale, la capacità che il mondo ha di credere ti appare sconcertante.
Del resto, pensi indagando sui cattolici, si bevono che un tizio sia morto e risorto entro tre giorni. E la cosa appare, da questo baratro di trincea fumante caffè, comunque più credibile di un fiero patrizio dalla parola sacrosanta e della vita dei santi, mano a mano fabbricata, ormai generata in tempo reale. Dati alla mano, scegliamo come deve continuare la storia. Alto gradimento.
Appaltare ai privati la formazione di certi errori.
Così e di colpo rialzi lo sguardo dal giornale e il mondo è tutto grigio. Ora il ragazzo grassoccio corre attraversando via Nizza, tra schizzi di acqua e proiettili che cadono come macigni di grandine. Dietro lo guardano indifferenti due carabinieri col mitra. Piangendo gli italiani vanno alla carica, scriveva un cronista inglese a inizio 900. Perché il nemico è davanti, ma i fucilieri che ti spediscono a morte sono detti fuoco amico.
Come se nelle retrovie, a spingere il mucchio, ci fossero paladini dell'ordine e del bene. E non piuttosto altri mercenari stolti, capaci solamente a guadagnare dal killeraggio, a uccidere eseguendo ordini.
Ma ormai dal tuo punto di vista appare chiara la scena. Il ragazzo grassoccio col pizzo e i baffi va alla carica spinto dalla disperazione. Corre appresso a uno smunto capellone che l'ha scippato dello zaino. Ed entrambi corrono distanti dai carabinieri attenti solo alla direzione che ciascuno prende.
Di giù i topi, in su le iene e al seguito i serpenti.

8 commenti:

  1. Ma fanno l'ostensione pure dell'aNgiografia papale? :P

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  2. A me sembra tutto una bella messa in scena mediatica.
    Comunque meglio guardarsi anche dai presunti "amici" ;)

    (inizio ad avvertire problemi di sdoppiamento :P)

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  3. ...e io che credevo avesse scelto quel nome perchè era un account libero su twitter..!!!!

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  4. tu entrerai in seminario, prima o poi.

    e no, non armato! :P

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